Un decennio cruciale

Massimo Congiu

Un decennio cruciale. L’Ungheria dal secondo dopoguerra al 1956

L’Ungheria esce pesantemente sconfitta dalla Seconda guerra mondiale e necessita un’opera di ricostruzione materiale e morale. Alla fine degli anni Quaranta i comunisti prendono il potere e il paese entra a tutti gli effetti nella sfera di influenza dell’Unione Sovietica. I governanti dell’epoca le impongono dei cambiamenti radicali. Rákosi, che impersona  il nuovo sistema di potere, applica una politica di indirizzo staliniano basata sul potenziamento dell’industria pesante e sulla collettivizzazione forzata delle terre. Scatena inoltre una repressione sanguinosa nei confronti di coloro i quali vengono indicati come nemici del regime; essa contribuisce in modo determinante a creare lo stato di esasperazione che caratterizza il paese in quel periodo. Gli anni compresi fra il 1953 e il 1955 coincidono con un breve periodo di distensione ad opera di Imre Nagy la cui attività di primo ministro è volta alla democratizzazione della vita politica del paese. La sua momentanea caduta sarà seguita da una fase di restaurazione stalinista che fornirà gli argomenti decisivi alla sollevazione dell’ottobre del 1956 e avrà in Imre Nagy la sua figura simbolica.

Massimo Congiu

giornalista, collaboratore de Il manifesto e di altre testate, storico contemporaneista di formazione, vive e lavora a Budapest dal 1995. Per anni si è occupato di storia e politica del lavoro e delle organizzazioni sindacali dell’Europa centro-orientale, ha pubblicato per Ediesse e per Aula, casa editrice dell’Università di Scienze economiche Corvinus di Budapest con la quale collabora. Ha fondato e dirige l’Osservatorio Sociale Mitteleuropeo.

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