La guerra italo–etiopica nella stampa e nella società romena dell’epoca (1935–1936)
Conferenza tenuta dal Prof. Florin Müller (Università degli Studi di Bucarest), giovedì 1° ottobre 2015, ore 1800, nella Sala «Marian Papahagi» dell’Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica di Venezia, Palazzo Correr, Cannaregio 2214, 30121 Venezia (VE)
La guerra italo–etiopica del 1935–1936, nonché l’Italia del regime fascista, destarono notevole curiosità e interesse politico nella società romena dell’epoca. Più in generale, per più di un ventennio, furono l’Italia, il fascismo e la personalità di Benito Mussolini ad attirare l’attenzione della stampa e della società romena. Tra l’ottobre 1922 e il luglio 1943, l’Italia fascista, con i suoi provvedimenti di politica interna ed estera, ebbe un luogo di primissimo piano negli approfondimenti che di continuo apparivano sulla stampa periodica romena. L’opinione pubblica della Romania, influenzata dal gran numero di quotidiani e settimanali di svariato orientamento ideologico apparsi tanto durante il regime democratico quanto in quello autocratico, dimostrò un vivo interesse per la realtà politica, ideologica, sociale e culturale d’Italia, in misura ben maggiore rispetto all’attenzione rivolta ad altri regimi e Stati dittatoriali, quali la Germania nazista o l’Unione Sovietica staliniana. Il fascismo italiano costituì a lungo l’argomento prediletto di giornali di stampo politico–ideologico assai diverso, dai quotidiani e settimanali di centrosinistra – «Adevărul» [«La Verità»] e «Dimineaţa» [«Il Mattino»] –, fino a quelli apertamente di destra o dell’estrema destra – «Cuvântul» [«La Parola»], «Calendarul» [«Il Calendario»], «Curentul» [«L’Orientamento»], ecc.
Attraverso un’analisi critica elaborata secondo i dettami della ricerca specialistica, ma con un linguaggio prettamente divulgativo, scorrevole e appassionante, la conferenza intende presentare al pubblico l’immagine che la stampa e più ampiamente la società romena dell’epoca ebbero riguardo il regime fascista e il suo duce Benito Mussolini, nel periodo di massimo protagonismo internazionale dell’Italia, quando lo Stato totalitario mise in atto una decisa politica espansionistica e coloniale che mirava a elevare il Regno d’Italia a grande potenza europea, in aperta contrapposizione alle democrazie occidentali di Francia e Inghilterra. Allo stesso tempo, la campagna di Etiopia (o Abissinia, come fu denominata all’epoca), con il conseguimento di una vittoria rapida e schiacciante, costituiva per l’Italia un’opportunità per raggiungere un indiscusso prestigio internazionale nella malcelata competizione con il suo più stretto alleato ideologico, la Germania nazista, all’epoca sempre più aggressiva sullo scacchiere dell’Europa Centrale.
Le valutazioni della stampa romena sulla guerra, così come sul complesso dei fattori che portarono ad essa, furono differenti e sono ricostruite con attenzione, soprattutto attraverso una puntuale ed esauriente analisi dei giornali sopraindicati, pur non ignorando altre fonti coeve.
La stampa romena di sinistra prese in esame i problemi di identità ideologica dell’Italia fascista, ritenuta uno Stato totalitario che ambiva raggiungere una posizione di rilievo in Europa, ampliando i propri confini e diventando una potenza coloniale di primo piano. La stampa romena di sinistra e di orientamento progressista rilevava l’inconsistenza e l’aggressività delle politiche espansionistiche italiane: l’ambizione di configurare il proprio spazio vitale (Lebensraum), il revisionismo, l’accelerazione del processo di conquista di nuovi territori con l’intenzione di annetterli ai domini coloniali, la politica di riarmo e i chiari preparativi per la guerra, il fallimento del programma di colonizzazione demografica, il contrasto degli sforzi intrapresi dall’Inghilterra e dalla Francia per mantenere e garantire la pace sul continente europeo e nel Mondo. La guerra era ritenuta dalla stampa romena di sinistra come il mezzo adoperato dal regime fascista italiano per contenere e quindi superare la crisi strutturale interna. Le firme di punta della sinistra dedicarono, nel giornale «Adevărul» [«La Verità»], centinaia di articoli riguardanti lo svolgimento della seconda guerra italo–etiopica e le pesanti conseguenze delle operazioni belliche. In tali articoli e in numerosi editoriali fu costantemente negato qualsiasi disegno civilizzatore dell’Italia fascista nell’Etiopia sconfitta e annessa all’Impero coloniale italiano.
Le pubblicazioni periodiche della destra romena, ad esempio «Curentul» [«L’Orientamento»] e «Universul» [«L’Universo»], facendo propri gli argomenti della propaganda fascista oppure appoggiandone tacitamente gli obbiettivi, cercarono di giustificare la politica aggressiva del fascismo, mettendo in evidenza i cosiddetti aspetti civilizzatori dell’espansionismo italiano. Durante le campagne militari italiane in Africa, la stessa stampa denunciava la cosiddetta marginalizzazione dell’«Italia proletaria» per volere delle presunte «potenze plutocratiche» (Inghilterra e Francia), reclamando la necessità per il Regno d’Italia di accedere e gestire direttamente l’accesso alle materie prime vitali per il proprio sviluppo economico, e contestando «l’egoismo» della politica britannica nei confronti del regime fascista, per cui si ostacolava l’accesso dell’Italia alle risorse naturali dell’Etiopia (accesso che, oltretutto, avrebbe messo in discussione il controllo inglese sulle risorse idriche indispensabili per le irrigazioni e la produzione di cotone nel Sudan Anglo–Egiziano). Il cosiddetto sovrappopolamento della Penisola italiana veniva inoltre ritenuto un valido motivo che conduceva a una legittima necessità di avviare la colonizzazione delle terre africane. La guerra italo–etiopica fu quindi percepita dalla destra romena come un’azione civilizzatrice messa in atto in un’area «afflitta dalle barbarie, dal primitivismo e dalla schiavitù», e per questo il ruolo dell’Italia fascista fu addirittura paragonato a quello dell’Impero di Roma.
Le contrastanti immagini relative ai preparativi bellici e alla guerra avvenuta sul suolo africano si inseriscono nel più ampio conflitto di propaganda tra i regimi democratici e le dittature che avevano preso il sopravento sul continente europeo, contrapposizione che si acutizzò in breve tempo, portando allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
Florin Müller (n. 18 novembre 1967, Bucarest), ha conseguito la Laurea in Storia presso la Facoltà di Storia dell’Università di Bucarest nel 1992. Nel 2001 ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Storia contemporanea presso l’Università «Babeş–Bolyai» di Cluj-Napoca. Dal 1992 al 2001 è stato ricercatore presso l’Istituto di Storia «Nicolae Iorga» di Bucarest, quindi per concorso è entrato nel corpo docente della Facoltà di Storia dell’Università di Bucarest, percorrendo tutti i gradini della carriera universitaria: Lecturer (2001), Professore associato (2005), Professore ordinario di Storia contemporanea (2008). È autore di tre volumi specialistici, di varie curatele e di numerosi articoli apparsi in riviste scientifiche romene ed estere. I suoi temi di ricerca sono la storia contemporanea della Romania, la storia dell’intellighenzia del Novecento, la storia sociale e politica dello stesso periodo, i regimi dittatoriali in Romania e in Europa, con particolare attenzione agli anni ‘20–‘40 del Novecento. Dal 2004 è anche ricercatore presso l’Istituto di Scienze Politiche e Relazioni Internazionali dell’Accademia Romena. Opinionista di comprovata competenza accademica, è spesso invitato nei talk-show e nei programmi di approfondimento delle emittenti televisive nazionali romene. È ritenuto in Romania valido studioso dei diversi aspetti dell’influsso del fascismo italiano nella società romena tra il 1922 e il 1943. Le sue approfondite ricerche si basano su fonti primarie, con richiami agli insegnamenti di Renzo De Felice ed Emilio Gentile, accogliendo i principali temi della ricostruzione defeliciana del fascismo.