CfP: Le memorie della Shoah: forme narrative e discorsi culturali nell’Europa centro-orientale, sud-orientale ed orientale

11-12 maggio 2023
Padova-Venezia

Call for Paper

Deadline: 18 dicembre 2022

In un articolo del 2008, Omer Bartov individua due problemi negli studi sulla Shoah e l’Europa orientale.
Il primo è la divisione in due blocchi e le dinamiche della Guerra fredda, che ha limitato l’accesso agli
archivi e, per estensione, alle aree centro-, sud- ed orientale europee; il secondo sono le narrazioni
politico-culturali di tipo socialista che ha dato precedenza e preferenza all’antifascismo. Allo stesso tempo,
Bartov osserva come sia possibile ritracciare in ambito accademico un approccio verso le aree in esame
governato dalla tendenza a ignorare le specificità delle aree stesse (anche a livello linguistico) preferendo
uno studio della Shoah focalizzato quasi esclusivamente sull’elemento concentrazionistico e la
conseguente attenzione per i numeri e la catalogazione dei morti. Le complesse situazioni delle comunità
ebraiche nelle diverse realtà nazionali e sovranazionali nell’Europa centro- , sud- ed orientale, continuano
a essere spesso ignorate, assieme alle conseguenze della politica nazista in quest’area (in primis, la quasi
totale cancellazione delle comunità ebraiche stesse, il trasferimento forzato di interi blocchi di
popolazione o ancora la perdita e ri-conquista di porzioni territoriali). Negli studi sulla Shoah in ambito
“occidentale” continua a essere presa in considerazione con altrettanta poca attenzione la complessa e
articolata stratificazione delle memorie che il periodo socialista prima e la transizione dopo hanno creato
(Kucia 2016; Van Der Poel 2019; Grądzka-Rejak, Olaszek 2022; Artwinska, Anna; Tippner 2022; ma
anche Gebert 2014). A ciò va aggiunto la tendenza a ritenere le aree in esame come “altro da” (Walters
1988), come un’unica entità omogenea che dal Mar Baltico tocca le sponde del Mar Nero e del
Mediterraneo, il cui nome può variare a seconda degli approcci (Mittleuropa, Europa centrale, Europa
orientale, ecc; Okey 1992; Băncilă 2020). Sebbene risulti fuorviante parlare di una “Europa orientale”
come “blocco”, va sottolineato come tutte le singole realtà di questa area (Europa centro-, sud- ed
orientale) condividano un fenomeno: l’accumularsi di esperienze profondamente diverse tra loro
(spartizioni e cessioni di territori, enclave e minoranze linguistiche, migrazioni di parti anche importanti
della popolazione, cambi repentini di regime, ecc.) che si succedono, senza avere la possibilità per una
loro acquisizione matura a livello politico, economico nonché culturale (Guida, 2015).
In modo simile, la produzione culturale legata alla Shoah delle diverse realtà viene raramente messa in
relazione con il contesto culturale specifico che l’ha prodotta, ma inserita all’interno di riflessioni di tipo
occidentale. Con “occidentale” facciamo qui riferimento allo sviluppo delle memorie della Shoah che
prende avvio a partire dagli anni Sessanta e profondamente legata alle dinamiche della Guerra Fredda,
che è largamente condiviso, pur con le dovute differenze, nell’area dell’Europa occidentale (per esempio,
il fatto che l’eliminazione sia avvenuta nei campi di concentramento e che questi erano al di fuori del
territorio nazionale) nonché in Nord America. La Shoah ha però preso forme molto diverse tra loro nei

singoli paesi delle aree qui indagate e risultate tanto dal differente tessuto sociale nel quale le comunità
ebraiche erano inserite (Dreifuss, Druck 2017; Grill 2018) quanto dalle politiche e pratiche razziali messe
in atto dai nazisti nei confronti delle diverse nazioni “slave” e della popolazione non – tedesca
(cfr.Nichols 2019; Connelly 1999; Majer 2014) e ancora dal diverso status (pensiamo ad es. al Protettorato
di Boemia e Moravia o ancora all’Ungheria alleato del Terzo Reich) che pone diverse cor-responsabilità
e difficoltà (cfr per es. Laczó 2015; Babeș-Fruchter, Bărbulescu 2021; o ancora la questione del “Double
Genocide”; cfr. Mertes 2020).
Il convegno intende indagare le produzioni culturali (letteratura, cinema, fumetto, ecc. nonché museale)
che affrontano le memorie della Shoah nell’area geo-politico-culturale dell’Europa centro-, sud- ed
orientale con l’obiettivo di rafforzare approcci pluralistici, interdisciplinari e transnazionali.
Sono stati individuati alcuni ambiti specifici attraverso i quali si vuole indagare le complessità delle
memorie della Shoah in Europa centro-, sud- ed orientale: per criticità estetiche, con particolare
attenzione al “testo” documentaristico (“Shoah e multimedia”); specificità storico-culturali (“Shoah e
realismo socialista”); e, infine, attraverso le prospettive del soggetto (“I linguaggi del trauma” e “Il
soggetto “altro”). Si delineano qui sotto le quattro sfere di riflessione per le loro caratteristiche generali e
per quegli elementi che si ritiene essere di maggiore interesse.
• Shoah e multimedia: l’immagine e la parola
Esiste un “format” della Shoah? La realizzazione di prodotti multimediali riporta alla sempre presente
questione dell’immagine dalla Shoah. La complessa riflessione sull’immagine (Bathrick et all. 2008) e
del “corpo ebreo” (Spanu 2018) si lega, nella produzione di finzione, soprattutto alle problematiche della
ricostruzione del dato “reale” e del difficile equilibrio tra la narrazione (pensiamo in particolare all’arco
narrativo e alla costruzione del personaggio; Young 1988), alla quotidianità della realtà concentrazionaria
o, ancora alla violenza delle pratiche di eliminazione. A questo si aggiunge una certa difficoltà, in questo
tipo di prodotti, nell’elaborazione della memoria della Shoah (Diamond, Sklarew 2018). In modo diverso,
ma altrettanto complesso, i prodotti documentaristici presentano spesso scelte di fotografia e di
montaggio atte a sottolinearne la “veridicità” (De Kesel 2018; Demaria 2011) e la “storicità” (Hirsh 2004;
Zeman, Samuels 2002) che si intersecano, in molti casi, con le riflessioni sulla testimonianza e la storia
orale (Hendrykowski 2011; Singleton, 2014). Un ambito particolarmente interessante è quello del
linguaggio del fumetto, dove anche in presenza del journalism comics, l’immagine è ontologicamente “di
finzione” e apre a nuove riflessioni sulla testimonianza (Chute 2016; Mickwitz 2016).
• Il soggetto “altro”
L’esperienza della Shoah vissuta dal soggetto femminile si trova a confrontarsi con una serie di
problematiche complesse legate da un lato a stereotipi e forzature appartenenti alla questione di genere
che trascendono l’Olocausto e dall’altro al “desiderio” di una narrazione “uniforme” della Shoah – come
unico soggetto, quello ebreo, a prescindere dalle differenti esperienze ma che si traduce quasi
prevalentemente in narrazione di e su di un soggetto maschile (cisgender) ed eterossessuale (Waxman
2017; Pető 2015).
La difficoltà a gestire una memoria che si interseca obbligatoriamente con discorsi trasversali (questione
di genere, di orientamento sessuale ma anche di razzismo sistemico, per quanto riguarda la popolazione
rom e il Porrajmos; Hancock 2001; 2018) e che “attraversano” la Shoah è evidente se si guarda al numero
ridotto di narrazioni il cui fulcro sono soggetti “altri”. Se il soggetto femminile, sebbene a fatica, ha
guadagnato una certa autonomia nella narrazione dell’esperienza e della memoria della Shoah (grazie da
un lato alle ricerche accademiche, in primis quelle femministe, e dall’altro alle seconde e terze generazioni),
l’esperienza del soggetto omosessuale è ancora sono ancora oggi poco studiata (Schmidt 2022; Kurze
2019; Jensen 2002) e, nelle aree in esame, quasi del tutto escluse tanto dalle ricerca quanto dalla memoria,
sia collettiva sia istituzionale.
• I linguaggi del trauma in chiave transgenerazionale

La nostra attenzione si vuole concentrare sulle seconde e terze generazioni come “strumenti” di
rielaborazione del trauma. Le seconde e terze generazioni si confrontano infatti tanto con il senso del
dovere della conservazione della testimonianza e la responsabilità della memoria (Mihăilescu 2020)
quanto con traumi che precedono la loro nascita che sono loro trasmessi come memoria costituente la
loro identità (Hirsch 1997; Harris 2020). Nell’area in esame, inoltre, le seconde e terze generazioni devono
“mediare” la propria storia famigliare con il contesto politico-culturale del periodo socialista e quello della
transizione. Risulta interessante indagare anche le forme che tale mediazione prende al di fuori dei confini
nazionali: sebbene la diaspora (facciamo qui riferimento ai sopravvissuti che hanno deciso di lasciare i
paesi dell’Europa centro-, sud- ed orientale) si sovrapponga in parte con l’ondata di esili ed emigrazioni
che segue i cambi di regime nel 1948 (Cecoslovacchia, Polonia, Ungheria, ecc.) e quelle successive più
specifiche per singoli paesi (es. 1953, 1956, 1968), le memorie, e le loro narrazioni, tendono a essere
profondamente separate.
• Shoah e realismo socialista
La costruzione della memoria – o l’estromissione da essa – della Shoah all’interno delle diverse dinamiche
culturali, e nelle forme finali dei singoli prodotti, dei paesi socialisti, dal punto di vista diacronico e
sincronico (Subotić 2019; Kucia 2016; Himka Michlic 2013).
L’inserimento di Shoah nella costruzione delle identità, nazionali e individuali, post-socialiste, legate ai
processi di transizione e in relazione al discorso europeo (Challand 2009; Wawrzyniak, Pakier 2013) ha
mostrato e mostra ancora il complicato rapporto con il passato, tanto della Shoah e della Seconda guerra
mondiale quanto successivo. Particolare attenzione sarà data alle realtà “scomparse” come la DDR e
quelle riemerse dopo la disgregazione dell’URSS (pensiamo in particolare all’area baltica ed ucraina).

Attraverso questi quattro “percorsi” si vuole riflettere sulle peculiarità e le complessità delle memorie
della Shoah nelle aree in analisi. Sono benvenuti, dunque, anche contributi in chiave comparatistica che
permettano di integrare la prospettiva centro- sud- ed orientale nella ricerca sulla Shoah europea e
mondiale. L’approccio comparatistico vuole essere anche uno strumento di dialogo all’interno della stessa
Europa centro-, sud- ed orientale, dove, almeno per quanto riguarda la Shoah, si incontra spesso una
ricerca estremamente ricca e articolata, ma spesso limitata alla singola realtà nazionale.

Lingue: inglese – italiano
E’ prevista la possibilità di pubblicare il contributo presentato, previa peer review, all’interno della collana
di prossima uscita Uz. La Shoah e l’Europa orientale del seminario permanente dell’Università di Padova,
presso la Savaria University Press.
Inviare la propria proposta (300 caratteri) con allegata anche una breve nota biografica a
uzshoaheuropacentroorientale@gmail.com
La deadline per presentare le proposte è il 18 dicembre 2022.
Il Comitato Scientifico comunicherà l’esito della valutazione delle proposte entro il 31gennaio 2023.
Comitato Scientifico: Tiziana D’Amico (Università di Venezia Ca’ Foscari); Eva Filová (Vysoká škola
výtvarných umení v Bratislave); Cinzia Franchi (Università degli Studi di Padova); Stefania Ragaù (Scuola
Normale di Pisa); Gianluca Volpi (Università di Udine);

Bibliografia
Artwinska, A. and Tippner, A. (eds.), The Afterlife of the Shoah in Central and Eastern European Cultures: Concepts, Problems,
and the Aesthetics of Postcatastrophic Narration, Routledge, 2022.
Babeș-Fruchter, A. and Bărbulescu, A. (eds.), The Holocaust in South-Eastern Europe: Historiography, Archival Resources and
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Connelly J., Nazis and Slavs: From Racial Theory to Racist Practice, «Central European History», n. 1 (1999), pp.1-33.
Băncilă, A. M., The Political Concept of Mitteleurope between Myth and Reality, «Bulletin of” Carol I” National Defence
University», 1 (2020), pp. 74-81.
Bartov, O., Eastern Europe as the site of genocide, «The Journal of Modern History», n. 3 (2008), pp. 557-593.
Bathrick, D., Richardson M.D., Prager B., Visualizing the Holocaust: documents, aesthetics, memory, Camden House, 2008.
Demaria C., Documentary Turn? La cultura visuale, il documentario e la testimonianza del” reale, «Studi culturali», n. 2 (2011), pp.
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De Kesel, M., The documentary real and the Shoah, «Foundations of Science», n. 2 (2018), pp. 245-254.
Diamond D., Sklarew B. (eds.), Cinematic reflections on the legacy of the Holocaust: Psychoanalytic perspectives, Routledge, 2018
Dreifuss, H., & Druck, R, Jewish Historiography of the Holocaust in Eastern Europe, «Polin Studies in Polish Jewry», 29 (2017),
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Gebert K., Conflicting memories: Polish and Jewish perceptions of the Shoah, in Fracapane K. and Haß M. (eds), Holocaust education
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Grądzka-Rejak, M. and Olaszek, J., Beyond Censorship: Polish Independent Press Debates on Claude Lanzmann’s Shoah, «East
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Author: Aisseco

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